Telemarketing aggressivo: le novità del Decreto Concorrenza che peggiorerebbe la situazione
Un emendamento al decreto concorrenza mira a liberalizzare i rincari telefonici legandoli all’inflazione e togliendo il recesso gratuito. Previsto anche l’uso, previo consenso, dei dati di chi cambia operatore, misura che aumenterebbe il telemarketing aggressivo.

Il tema della concorrenza nel settore delle telecomunicazioni è tornato al centro del dibattito politico. Questa volta, però, non si parla di tariffe più basse o di nuove offerte, bensì del contrario: la possibilità per gli operatori telefonici di aumentare automaticamente i prezzi in base all’inflazione. È quanto prevedono alcuni emendamenti al decreto concorrenza, firmati in larga parte da esponenti di Forza Italia, con l’appoggio di altri partiti del centrodestra
La novità: indicizzazione automatica senza modifica unilaterale
Oggi le compagnie telefoniche possono rimodulare i contratti, ma devono rispettare regole piuttosto rigide fissate dall’Agcom. Gli aumenti, infatti, sono ammessi solo dopo almeno dodici mesi dalla sottoscrizione e devono essere comunicati con largo anticipo, garantendo all’utente il diritto di recesso gratuito. Inoltre, se l’indice dei prezzi dovesse calare, le tariffe devono essere riviste al ribasso.
Gli emendamenti presentati da Forza Italia – in particolare quello 9.0.113 a firma di Trevisi, Paroli e Damiani – cambierebbero radicalmente questo equilibrio. La proposta punta a rendere automatica l’indicizzazione all’inflazione, trasformando l’adeguamento annuale in una clausola “istituzionalizzata”, cioè non più considerata come una modifica unilaterale del contratto. Questo in sostanza quanto stabilisce dell’emendamento: “i contratti per adesione stipulati con gli operatori di comunicazione elettronica possono prevedere una clausola di adeguamento automatico dei prezzi, in misura corrispondente all’aumento dell’indice annuale dei prezzi al consumo, eventualmente incrementato di un coefficiente predeterminato e reso noto all’utente prima della sottoscrizione del contratto”.
In sostanza, le compagnie potrebbero aumentare i prezzi una volta l’anno, senza bisogno di rinegoziare il contratto o di concedere all’utente la possibilità di recedere gratuitamente. Per i contratti già in essere, l’introduzione della clausola prevederebbe un diritto di recesso iniziale, ma solo in occasione della prima applicazione.
L’argomento politico ed economico
I promotori della misura sostengono che la norma sia necessaria per stabilizzare un settore colpito dall’aumento dei costi energetici e dall’inflazione. Le compagnie, dicono, non avrebbero strumenti per adeguare i listini a un contesto economico in rapido mutamento, e la rigidità delle regole attuali frenerebbe gli investimenti.
In altre parole, secondo Forza Italia, consentire l’adeguamento automatico significherebbe garantire sostenibilità al mercato delle telecomunicazioni, proteggendo l’occupazione e stimolando la modernizzazione delle reti. Si tratterebbe, insomma, di una misura di “buon senso economico”.
Ma la prospettiva dei consumatori è ben diversa.
Le critiche delle associazioni dei consumatori
Per le principali associazioni dei consumatori, la riforma rappresenterebbe un pericoloso passo indietro. La possibilità di legare i rincari all’inflazione – e di farlo automaticamente, senza che l’utente possa scegliere – ridurrebbe drasticamente i margini di tutela.
Secondo queste organizzazioni, l’emendamento rischia di istituzionalizzare i rincari, spostando l’equilibrio contrattuale tutto a favore delle compagnie. Inoltre, la soppressione del diritto di recesso gratuito in caso di aumento viene vista come una violazione della libertà di scelta, principio fondamentale della concorrenza stessa.
C’è anche chi fa notare che, se davvero l’obiettivo è proteggere la sostenibilità delle imprese, sarebbe più equo introdurre un meccanismo simmetrico, in grado di ridurre automaticamente le tariffe in caso di inflazione negativa o di deflazione. Al momento, però, questa possibilità sembra essere scomparsa dal testo proposto.
L’altra faccia della medaglia: il telemarketing
Ma non è tutto. Tra gli emendamenti di Forza Italia spunta anche un’altra modifica che sta facendo discutere: quella che allenterebbe le regole sul telemarketing. Oggi il Codice delle comunicazioni vieta di utilizzare, per fini commerciali, i dati presenti nel database della portabilità (MNP), ossia l’elenco di chi cambia operatore.
L’emendamento introdurrebbe un’eccezione importante: quei dati potrebbero essere usati, “fatto salvo il consenso dell’utente”.
In teoria, nulla di scorretto; in pratica, però, le associazioni temono che la norma apra la strada a nuove forme di pressione commerciale e a un telemarketing più aggressivo, sfruttando consensi spesso ottenuti in modo poco trasparente.
Il rischio, denunciano, è che chi cambia operatore per risparmiare finisca subito nel mirino di campagne pubblicitarie insistenti, alimentando un circolo vizioso di offerte e controfferte che confonde più che informare.
Che cosa aspettarsi nei prossimi mesi
In definitiva, la battaglia sugli emendamenti di Forza Italia al decreto concorrenza non riguarda solo la tecnica legislativa, ma una visione di fondo: quella di un mercato più libero, ma anche più sbilanciato. Da un lato, la promessa di flessibilità per le imprese; dall’altro, il rischio di nuovi oneri e meno diritti per i consumatori.
Se il Senato dovesse approvare le modifiche, l’Italia tornerebbe a un modello di liberalizzazione in cui la libertà d’impresa prevale sulla tutela dell’utente.
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