Smart working: 6,4 milioni di italiani interessati
L’Italia è stata catapultata nel lavoro da remoto impreparata: oggi nel Paese ci sono 6,4 milioni di smart worker estensivi e altri 1,6 milioni ibridi. Lo stimano gli esperti di Randstad, secondo i quali lo smart working interessa anche 900mila insegnanti e 9 milioni di studenti.

La pandemia ha fatto da detonatore allo smart working, fenomeno che era da anni sempre sul ‘nascere’ ma che non aveva mai davvero preso piede. L’avvento del coronavirus ha invece ridisegnato in poco tempo le strategie di molte aziende, sia a livello logistico-ambientale sia nella gestione dei propri dipendenti.
Una svolta, oggi agevolata dai progressi tecnologici, che nel nostro Paese potenzialmente interessa ben 6,4 milioni di smart worker ‘estensivi’, quasi un terzo del totale degli occupati, che per specifiche competenze e condizioni di lavoro potrebbero svolgere tutte le loro attività fuori dal luogo di lavoro.
Ci sono anche 1,6 milioni di smart worker ‘ibridi’
A questi, secondo l’indagine “Lavoro e studio ‘intelligenti’: la trasformazione possibile” del Gruppo Randstad, primo operatore mondiale nei servizi per le risorse umane, si aggiungono 1,6 milioni di smart worker ‘ibridi’ (7% degli occupati), che potrebbero alternare lavoro da remoto e in presenza in base all’esigenza.
Il lavoro a distanza che l’Italia ha scoperto in massa durante l’emergenza ha davvero un grande potenziale per tante professioni che hanno competenze e mansioni idonee, come professionisti ad alta specializzazione, dirigenti in genere, ma anche tecnici, impiegati, operai, addetti ai servizi.
Impreparati alla novità del lavoro da remoto
In sostanza il Covid-19 ha effettivamente comportato un balzo in avanti del lavoro svolto da casa passato – secondo dati Istat - da 1,5 milioni di lavoratori nel primo trimestre 2020 a 4,1 milioni nel secondo trimestre: nonostante questa accelerazione il suo potenziale è ancora lontano dall’essere raggiunto.
Anche perché, sottolinea un’analisi di sensitività di Randstad Research, durante i vari lockdown molti lavoratori sono stati gettati nell’esperienza di remote working impreparati. Alle condizioni attuali, infatti, appaiono effettivamente in grado di operare in maniera ‘intelligente’ non più di 3 milioni di lavoratori.
900mila insegnanti e 9 milioni di studenti
Lo stesso discorso può essere applicato alla didattica a distanza, che potenzialmente coinvolge tutti i 900mila insegnanti del Paese e 9 milioni di studenti (compresi tra la scuola dell’infanzia e l’università), a cui si aggiungono 34 milioni di lavoratori attivi che potrebbero fare formazione continua online.
Tuttavia il ‘ritorno’ dell’insegnamento da remoto è insoddisfacente: può infatti essere davvero definito studio “intelligente” solo per una minoranza di studenti e per un numero irrisorio di partecipanti alla formazione continua (i famosi corsi per il conseguimento dei crediti da parte di tutte le categorie di professionisti).
Una sfida da vincere: rendere più smart lavoro e scuola
Una sfida, quella di rendere lavoro e studio realmente ‘smart’, che l’Italia deve affrontare al più presto con la consapevolezza che il futuro sarà necessariamente ‘blended’, tra attività a distanza e in presenza. Integrarle al meglio, secondo Randstad, può aumentare la produttività del lavoro di oltre il 25%, grazie a un maggior tempo ad attività a valore aggiunto e più importanza ai servizi personalizzati, migliorando nel contempo il clima di lavoro e rapporti con terzi. E per quanto riguarda l’istruzione, un approccio integrato nello smart learning potrebbe far recuperare ritardi nella scuola, favorire percorsi di crescita personalizzati, sviluppare l’interazione tra gli studenti.
Per vincere questa sfida occorre prendere consapevolezza anche di quale supporto tecnologico abbiano bisogno il telelavoro e la Dad (didattica a distanza), il cui peso nella vita quotidiana è – come abbiamo visto – destinato a crescere. Sicuramente, in futuro, una famiglia responsabile terrà sotto stretto controllo i consumi di elettricità o i costi delle connessioni via rete, senza per questo incidere sulla qualità dei servizi di cui ha bisogno.
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