Reti 5G: l’Italia è quinta in UE ma la burocrazia frena lo sviluppo
La copertura di 5G e fibra ottica in Italia è all’altezza, se non superiore, rispetto a quella di altri paesi europei. Eppure, la crescita delle nuove tecnologie di comunicazione è frenata da una burocrazia lenta. Tutto il contrario di quello che vorrebbe la UE.

Da una parte, la velocità delle nuove connessioni in fibra e 5G. Dall'altra, l’atavica lentezza della burocrazia italiana, fatta di infinite procedure e iter sempre più complessi. È questa una possibile sintesi dell'ultimo report dell’Istituto per la Competitività (I-Com), think-tank che ha analizzato a che punto è la corsa dell'Italia verso la banda ultralarga e le reti mobili di nuova generazione. Scopriamo di più.
Il lato positivo: le performance tecnologiche italiane
Cominciando dalle note liete, è necessario fare un paragone sulla base dei dati del 2024 con gli altri Paesi dell'Unione europea. Si scopre così che l'Italia può vantare una copertura fibra di nuova generazione (capace di garantire almeno 30 megabit al secondo) pari al 98,8%, superando Germania e Francia. Per quanto riguarda la rete 5G, invece, la copertura è del 99,5% della popolazione: si tratta del quinto miglior valore a livello continentale.
Il 5G non è sempre… 5G
Il lusinghiero dato del 99,5% della copertura della rete 5G, ricorda I-Com, prende in considerazione sia le porzioni di rete 5G “pura”, cioè standalone, sia quelle dove si utilizzano ancora infrastrutture 4G. Difatti, esaminando solo le configurazioni standalone, secondo recenti studi, la rete italiana 5G non è ancora matura.
Il lato negativo: burocrazia e aree rurali
Una base tecnologica dalla quale partire, come visto, in qualche modo c'è. Per crescere ancora più velocemente, però, servirebbe un contesto normativo snello e adatto alle esigenze di imprese e consumatori. Così non è, visto che nonostante i numerosi decreti “semplificazioni” susseguitisi nel corso degli anni, la burocrazia rallenta molte delle procedure necessarie allo sviluppo delle reti. Basta pensare che per una semplice autorizzazione agli scavi o all'uso di illuminazione pubblica servono in media tre mesi.
C'è poi il tema delle conferenze dei servizi, che dovrebbero coordinare e velocizzare l'esame delle domande. Peccato che il ricorso a questi strumenti sia poco tempestivo, con tutti i ritardi del caso. Il report I-Com, su questo aspetto, spiega: “Secondo quanto è emerso dall’analisi, tra il 2022 e il 2024 la quota di conferenze di servizi non convocate rispetto al totale delle istanze si è notevolmente ridotta a livello nazionale, passando dal 58,8% al 41%. Permangono però delle criticità legate a casi specifici, su tutti quello della Campania e della Sicilia, in cui, a fronte di un notevole numero di richieste, la quota di cds convocate rispetto al totale delle richieste rimane decisamente bassa”.
La situazione italiana nel contesto europeo
Il “cambio di passo culturale” auspicato nel report I-Com appare più che mai necessario anche alla luce del contesto europeo. Sulla base del White Paper della Commissione Ue e dei rapporti Letta e Draghi, Bruxelles varerà a dicembre il “Digital Networks Act”, una legge che ridisegnerà la cornice regolatoria per creare un mercato unico della connettività. L'obiettivo è quello di ridurre la frammentazione normativa, elemento che in Italia fa sentire il suo peso.
Il presidente I-Com, Stefano da Empoli, spiega: “Persiste un generale problema di enforcement delle leggi connesso a ritrosie, fino ad arrivare ad aperte violazioni, da parte degli enti locali nell’applicare rigorosamente la disciplina nazionale e le procedure previste. […] Emergono numerosi problemi di disomogeneità applicativa tra i vari territori, che in alcuni casi si traducono in aperta disapplicazione della normativa primaria, in favore di una normativa locale che determina una proliferazione del contenzioso.”
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