Quale futuro per l’idrogeno green?
A partire dal prossimo 10 gennaio, anche per le utenze domestiche andrà in soffitta il regime tutelato. Questo significa che le famiglie dovranno scegliere un fornitore sul mercato libero. Un appuntamento al quale prepararsi per tempo, anche studiando l'evoluzione della tecnologia.
Ci sono grandi aspettative intorno all’idrogeno green non solo per le sue possibili applicazioni in campo industriale, ma anche per la prospettiva di benefici alle bollette domestiche. Cerchiamo di capire in cosa consiste e quale contributo può offrire al processo di transizione energetica.
Di cosa si tratta e perché è sostenibile
L’idrogeno e l’elemento chimico più leggero in assoluto e già oggi viene utilizzato come combustibile per le reazioni termonucleari. Ne esistono di tre tipi, identificati ciascuno con un colore. L’idrogeno grigio viene prodotto dal metano attraverso una procedura che genera enormi quantità di CO2 e pertanto è tutt’altro che sostenibile a livello ambientale. L’idrogeno blu viene prodotto con una procedura simile, ma è meno impattante sull’ambiente grazie alla possibilità di catturare alcune particelle di anidride carbonica. Infine vi è l’idrogeno verde, prodotto esclusivamente attraverso le fonti rinnovabili, che produce energia e vapore acqueo senza generare alcun contraccolpo inquinante.
Quest’ultimo non esiste in natura, bensì è frutto di un processo ideato dall’uomo e noto come elettrolisi. In sostanza si utilizzano dei macchinari per ricavare energia elettrica dal fotovoltaico, dall’idroelettrico o dal geotermico. Il tutto senza impiego dei gas, che hanno ricadute negative sull’ambiente.
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La fine del mercato libero e l’evoluzione tecnologica
Gli sviluppi dell’idrogeno green sono ancora ai passi iniziali, ma le prospettive – a detta degli analisti – sono molto interessanti in varie direzioni: dai carburanti all’industria pesante, dalla produzione di energia elettrica al riscaldamento domestico. Quest’ultimo un ambito alle prese con un processo di profonda trasformazione, dato che dal 10 gennaio del prossimo anno il mercato tutelato dell’energia e del gas (quello caratterizzato da tariffe applicate dall’ARERA e relativo alle utenze che non hanno scelto un fornitore sul mercato libero) finirà in soffitta anche per i clienti domestici italiani. Un cambio di rotta atteso da anni, anche se poi ogni volta si è proceduto con la proroga del regime di tutela per dare a tutti la possibilità di prendere confidenza con il mercato libero.
Ora, però, sembra vicino il momento del passaggio definitivo. Un indizio in tal senso è dato dall’approvazione di un Decreto da parte del ministero dell’Ambiente che fissa le condizioni per il passaggio graduale da parte dei clienti finora rimasti nel regime tutelato.
Pertanto dieci milioni di persone si troveranno a breve nel mercato libero e, coloro che non effettueranno la scelta, si vedranno assegnare un fornitore mediante aste territoriali. Il Decreto ministeriale stabilisce anche che, almeno a partire dai sei mesi antecedenti alla scadenza del periodo, l’esercente selezionato tramite asta dovrà informare il cliente della scadenza, del diritto di scegliere un altro fornitore nel libero mercato o una qualsiasi offerta luce e gas di mercato libero del medesimo esercente.
In questo processo di progressiva apertura sul mercato, una spinta importante arriva dall’evoluzione della tecnologia. Già oggi sul mercato esistono cogeneratori a idrogeno, che vantano un’efficienza del 50% sulla produzione di energia elettrica e, combinando l’utilizzo con la produzione di calore, arrivano al 100%.
Le previsioni sulla diffusione della tecnologica
Secondo diverse stime, entro la metà di questo secolo l’idrogeno pulito porà arrivare a soddisfare quasi un quarto del fabbisogno mondiale, con un’incidenza rilevante in ambito domestico. La Commissione europea stima entro la fine del prossimo anno nell’area verranno installati 6 GW di elettrolizzatori, per poi salire a 40 GW ulteriori entro il 2030.
L’Italia sarà chiamata a fornire un contributo rilevante in questa direzione. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) prevede infatti investimenti per 3,6 miliardi di euro sull’idrogeno, senza considerare i fondi per la ricerca e la realizzazione di infrastrutture di supporto. La sfida, come si è visto negli ultimi mesi, sarà soprattutto di riuscire a impiegare le risorse messe a disposizione dall’Europa per non vedersi negare le successive tranche.
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