Offerte di telefonia indicizzate all’inflazione: la proposta è stata ritirata
Con la fiducia posta dal Governo sul testo originario, il DDL Concorrenza viene approvato senza modifiche: saltano quindi anche le proposte sulla telefonia e sulle clausole inflazione. Resta aperto il tema della trasparenza tariffaria per i consumatori.

Il capitolo dedicato alle clausole di indicizzazione all’inflazione nelle offerte telefoniche si chiude, almeno per ora, senza modifiche legislative. Dopo giorni di polemiche, il Senato ha ritirato l’emendamento 9.0.113 al DDL Concorrenza 2025, proposto dai senatori Trevisi, Paroli e Damiani, che avrebbe permesso agli operatori di adeguare automaticamente i prezzi delle tariffe all’inflazione. Il testo non sarà quindi votato: il disegno di legge tornerà in aula nella sua versione originale, priva di riferimenti al settore delle telecomunicazioni.
La misura, che aveva suscitato forte dibattito tra associazioni dei consumatori e operatori, mirava a consentire agli operatori di introdurre nei contratti clausole di aggiornamento dei prezzi in base al tasso d’inflazione, anche con maggiorazioni superiori ai valori effettivi, e soprattutto senza la possibilità per il cliente di recedere gratuitamente.
Le polemiche e il passo indietro
Come ricordato nel nostro precedente articolo sul tema del telemarketing aggressivo e delle novità del Decreto Concorrenza, il pacchetto di emendamenti presentato in Commissione Industria aveva già sollevato critiche per il rischio di un peggioramento della tutela dei consumatori.
Le clausole inflazione, in particolare, erano state viste come una retrocessione rispetto alle tutele introdotte dall’AGCOM, che solo un anno fa aveva tentato di regolamentare l’adeguamento dei prezzi per proteggere la trasparenza dei contratti
La pressione mediatica e le reazioni delle associazioni hanno portato il senatore Dario Damiani (Forza Italia), uno dei firmatari dell’emendamento, ad annunciare il ritiro ufficiale della proposta nella giornata del 28 ottobre.
“Non si può ignorare che oggi i prezzi nel settore cambiano unilateralmente da un momento all’altro”, ha dichiarato Damiani, sottolineando come l’obiettivo fosse introdurre “regole chiare e trasparenti” a tutela degli utenti. Tuttavia, di fronte alle polemiche, ha scelto di “ritirare l’emendamento, chiedendo però di aprire un tavolo di confronto per regolamentare il settore in modo equilibrato”.
L’apertura di Iliad e la posizione dei consumatori
Alla dichiarazione di Damiani ha risposto Iliad Italia, che ha accolto positivamente la proposta di aprire un tavolo istituzionale sulla trasparenza e la tutela dei consumatori. In una nota, l’operatore ha ribadito la necessità di un dialogo costante tra aziende e istituzioni, in un mercato “caratterizzato da pratiche opache che minano la fiducia degli utenti”.
“Serve – ha spiegato Iliad – un confronto costruttivo che garantisca solidità agli operatori e vantaggi concreti ai cittadini”.
La reazione del fronte dei consumatori è stata di sollievo. Codacons e UNC hanno espresso soddisfazione per il ritiro, ricordando come l’emendamento avrebbe di fatto legittimato aumenti automatici e sottratto ai clienti il diritto di scegliere, vanificando anni di battaglie sulla trasparenza tariffaria.
Il nodo delle clausole inflazione e la sentenza del TAR
La questione non è nuova. Già nel 2024 l’AGCOM, con la delibera 307/23/CONS, aveva tentato di introdurre norme per consentire l’adeguamento dei prezzi in base all’inflazione, mantenendo però alcune garanzie per gli utenti. Ma una sentenza del TAR del Lazio aveva poi annullato alcuni commi dell’articolo 8-quater della delibera, proprio quelli che disciplinavano le clausole di adeguamento, creando un vuoto normativo che oggi rimane irrisolto.
Attualmente, gli operatori possono ancora modificare unilateralmente i contratti, purché rispettino il preavviso minimo di un mese previsto dalla normativa, e alcuni di essi si impegnano volontariamente a non modificare le tariffe per i primi 12 mesi di contratto.
Decadono tutti gli emendamenti sulla telefonia
Il ritiro dell’emendamento sulle clausole inflazione trascina con sé anche gli altri interventi sul settore telefonico presentati al Senato, come quello relativo al database MNP (per la portabilità dei numeri). Con la decisione del Governo di porre la fiducia sul testo originario del DDL Concorrenza, tutti gli emendamenti non ancora approvati decadono automaticamente.
In aula, quindi, verrà votata la versione del disegno di legge così come era stata proposta dal Governo, priva di articoli dedicati alle telecomunicazioni.
Cosa succede adesso
Dopo l’approvazione in Senato, il DDL Concorrenza 2025 passerà alla Camera dei Deputati, dove sarà possibile introdurre nuove modifiche. Tuttavia, al momento, non è previsto il ritorno di misure legate alla telefonia.
Il ritiro degli emendamenti segna una pausa nel dibattito ma non la fine del problema: resta aperta la questione di come garantire un equilibrio tra sostenibilità economica per gli operatori e protezione reale dei consumatori.
E se, da un lato, la politica sembra volerci ripensare, dall’altro gli utenti restano in attesa di regole più chiare e stabili, che mettano finalmente un freno alle pratiche tariffarie aggressive che rischiano di compromettere la fiducia dei cittadini in un mercato già fragile.
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