DDL Concorrenza 2025: tornano le tariffe telefoniche indicizzate all'inflazione?
Tra i numerosi emendamenti al DDL Concorrenza 2025 ne spunta uno che vorrebbe far ritornare in auge le tariffe telefoniche indicizzate al tasso di inflazione. Allo stesso tempo, un altro emendamento spinge per eliminare queste clausole: facciamo il punto.

Le tariffe telefoniche potrebbero tornare a essere indicizzate all'inflazione, pratica già proposta in passato da alcuni operatori. È quanto si apprende dall'esame degli emendamenti al DDL Concorrenza 2025: scopriamo meglio di cosa si tratta.
Torna la (temuta) indicizzazione delle tariffe telefoniche
Il Disegno di Legge annuale per il mercato e la concorrenza per il 2025 (da ora in poi DDL Concorrenza 2025), inizialmente non includeva alcuna sezione dedicata alle tariffe telefoniche. Gli emendamenti sull'argomento sono stati presentati l'ultimo giorno utile, ovvero il 30 settembre. Tra questi ce n'è uno, denominato 9.0.113, che suggerisce proprio la reintroduzione della clausola inflazione.
L’articolo 9-bis sull'Indicizzazione offerte operatori di comunicazione elettronica recita infatti: “I contratti per adesione stipulati con gli operatori di comunicazione elettronica possono prevedere una clausola di adeguamento automatico dei prezzi, in misura corrispondente all'aumento dell'indice annuale dei prezzi al consumo, eventualmente incrementato di un coefficiente predeterminato e reso noto all'utente prima della sottoscrizione del contratto”.
In aggiunta, vengono inseriti ulteriori paletti:
- il coefficiente di maggiorazione "non può essere superiore a un valore massimo definito dall'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni";
- l'adeguamento dei costi può essere applicato solo una volta all'anno con "effetto sui prezzi applicabili per i successivi 12 mesi";
- gli operatori sono tenuti a fornire agli utenti "un'informativa trasparente e completa in merito all'adeguamento dei prezzi contrattualmente previsto, con almeno 2 mesi di anticipo rispetto alla data di prevista applicazione".
Il punto più importante, però, viene dopo, dove si legge che l’adeguamento delle tariffe a seguito del cambiamento del tasso di inflazione "non costituisce modifica delle condizioni contrattuali".
Si tratta di un passaggio di elevata importanza, perché in sostanza stabilisce che l'incremento di prezzo delle tariffe dovuto all'aumento dell'inflazione non può essere considerato un motivo valido per l'esercizio del diritto di recesso senza costi aggiuntivi.
Chi aveva già introdotto le tariffe indicizzate?
L’emendamento che va contro l’emendamento
Curiosamente, tra gli emendamenti presentati al DDL Concorrenza ce n’è uno, l’8.0.14, che si propone l'obiettivo di vietare le clausole inflazione. L’articolo 8-bis, Disposizioni a tutela dei consumatori in materia di trasparenza dei contratti con operatori telefonici, recita infatti: “All'articolo 1, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40 (che riporta: "È altresì vietata la previsione di termini temporali massimi di utilizzo del traffico o del servizio acquistato"), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "nonché la rimodulazione unilaterale delle tariffe mediante adeguamento automatico al tasso di inflazione"”.
Insomma, rimane ancora da capire chi vincerà questa battaglia a suon di emendamenti. Il DDL Concorrenza 2025 deve infatti essere ancora approvato dal Senato e dalla Camera dei deputati: solo allora si saprà quale strada sarà stata intrapresa.
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