Crisi energetica: italiani pronti alla spending review domestica
Il 57 per cento degli italiani ha difficoltà con l’affitto e il 26 per cento pensa di sospenderne il pagamento. Sono il 33 per cento i cittadini che potrebbero non coprire le spese per le utenze entro Natale. Crisi che ha già spinto il 68 per cento delle famiglie ad adottare la spending review.
I segnali che la vita quotidiana degli italiani sta diventando sempre più difficile si moltiplicano: l’inflazione riduce il loro potere di acquisto, con effetti esponenziali perché non è compensata da retribuzioni che si muovono nello stessa direzione.
Già più della metà delle famiglie ammette di avere difficoltà a pagare l’affitto ed entro Natale un italiano su tre potrebbe non essere più in grado di pagare le bollette di luce e gas. Uno quadro così incerto che sta spingendo molte famiglie a rivedere le proprie spese, facendo maggiore attenzione a ridurre i consumi e a rinunciare ad acquisiti ritenuti superflui. I tagli, per ora, non toccano il ‘food’ poiché gli italiani non sembrano disposti a rinunciare alla qualità del cibo, nonostante la crisi economica.
L’inflazione è il problema più grave
È quanto emerge dal ‘Rapporto Coop 2022 – Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani’, redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) in collaborazione con Nomisma. La ricerca è dedicata a interpretare i cambiamenti che hanno trasformato lo scenario mondiale nell’ultimo anno e a capirne l’impatto sulla quotidianità degli italiani.
In primis bisogna avere il quadro generale: per l’Italia si attende una crescita del PIL del 3,2% per quest’anno e dell’1,3% per il prossimo. Tuttavia, in presenza di uno scenario avverso globale, Banca d’Italia non esclude una virata in negativo (-2%) nel 2023. Quello che più preoccupa è l’inflazione, che nel Paese è arrivata all’8,4%, record dal 1985. Per alcuni segmenti si va addirittura più indietro nel tempo: il rincaro delle spese di casa e utenze, per esempio, torna ai livelli del 1980 e quello dei trasporti al 1984. Insomma, l’Italia, come il resto dell’Europa, paga la sua doppia dipendenza dall’area della guerra (il gas russo e le materie prime alimentari da Ucraina e Russia).
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Risparmiare non basta più
La corsa dei prezzi ha un effetto perverso sul potere d’acquisto di tutti gli italiani: si prevede, infatti, che quest’anno la perdita media del potere d’acquisto per le famiglie si attesti a 2.300 euro. C’è tuttavia da rilevare che più si è soli e più il caro vita tende a pesare. I numeri rivelano che il problema bollette è in cima alle preoccupazioni di tutti e, in vista delle stagioni più fredda, rappresenta un macigno sulle famiglie già a corto di ossigeno.
Il 57%, infatti, dichiara già oggi di essere in difficoltà a rispettare l’impegno dell’affitto e il 26% pensa di sospenderne o rinviarne il pagamento. Inoltre, sono il 33% gli italiani potrebbero non coprire le spese per le utenze per Natale. Essere quindi le formiche d’Europa e risultare ultimi nella classifica di chi dichiara di spendere di più per godersi il presente (lo sostiene il 40% degli italiani a fronte del 46% degli inglesi e del 44% di tedeschi e francesi) non basta più.
Il 68% delle famiglie già parsimoniose
E allora via alla spending review domestica, con molte famiglie che hanno già iniziato (il 68% hanno iniziato prima dell’estate e il 17% ha intenzione di farlo in autunno) a prendere provvedimenti in materia di risparmio energetico: in questo senso, il 41% degli italiani si dichiara già molto attento ad accendere le luci il meno possibile, il 30% è già consapevole di dover ridurre il riscaldamento domestico e molte sono le persone già abituate a un uso più razionale degli elettrodomestici.
L’impegno sarà quotidiano e, oltre ai grandi capitoli di spesa, interesserà - secondo l’analisi – soprattutto il superfluo d tutti i giorni (dal bar ai ristoranti, dall’abbigliamento all’intrattenimento) e comporterà anche il rinvio di viaggi e vacanze e il posticipo degli acquisti di prodotti tecnologici e arredo.
L’Italia si scopre così vulnerabile, con la classe media sempre più in difficoltà, una parte che rimane indietro (24 milioni nel 2022 hanno sperimentato almeno un disagio) e una netta crescita dell’area della povertà (+6 milioni nell’ultimo anno). Tutto questo mentre il lavoro, nel nostro Paese, è sempre più povero e, di conseguenza, lavorare non basta più. Infatti, nel confronto tra costo della vita e stipendi medi, l’Italia è il fanalino di coda tra le principali economie europee, con un salario del 33% più basso di quello dei tedeschi, per esempio, che hanno un costo della vita equiparabile a quello italiano, mentre guadagniamo come gli spagnoli che hanno un costo della vita del 19% inferiore. Ecco perché un occupato su cinque tra coloro che hanno contratti part time è oggi a rischio povertà (era uno su sei nel 2010) e un dipendente su 10 full-time corre lo stesso rischio. In numeri, oggi sono 900 mila i lavoratori italiani che guadagnano meno di mille euro al mese, il doppio rispetto a 15 anni fa.
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