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Comunità energetiche: attesa per il salvagente contro il caro-bollette

La legge c'è, ma lo strumento non decolla. Si attendono i decreti attuativi per il decollo delle comunità energetiche, associazioni di cittadini, imprese o enti locali, che realizzano impianti da fonti rinnovabili, con l’obiettivo di non pagare i consumi e di rivendere l’extraproduzione.

A cura di: Luigi Dell'Olio
A cura di: Esperto di prodotti finanziari, mercati energetici e telefonia
Si laurea in Giurisprudenza e diventa in seguito giornalista professionista, specializzandosi in economia e finanza. Collabora con primarie testate italiane, tra cui “la Repubblica” e “Affari&Finanza”. È inoltre coordinatore del mensile “Private” e autore per Segugio.it.

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Tempo di lettura 2 minuti
Pubblicato il 12/09/2022
simboli energia green
Comunità energetiche: cosa manca?

L’interesse del mercato è evidente, soprattutto da quando i prezzi delle utenze sono schizzati verso l’alto, ma la mancanza di decreti attuativi ne rallenta l’adozione. Stiamo parlando delle comunità energetiche rinnovabili, gruppi di cittadini – quindi famiglie, attività commerciali, pubbliche amministrazioni locali o piccole e medie imprese - che realizzano impianti per produrre elettricità da fonti green e poi ne condividono il consumo.

I vantaggi

Oltre a non dover pagare l’energia prodotta dai propri impianti, le comunità energetiche ricevono un incentivo statale per ogni kilowattora prodotto e quindi condiviso tra i membri della comunità. Inoltre, quando immettono energia in eccesso nella rete nazionale, vengono ripagati ai prezzi di mercato, che - come detto - in questo periodo sono particolarmente elevati. Quando queste realtà sono nate due anni fa, un megawattora prezzava 20 euro, nelle ultime settimane si è viaggiato tra 400 e 500.

Insomma le opportunità non mancano, non solo per i privati promotori di queste iniziative, ma anche a livello di Paese. Non si tratta certo di una soluzione sufficiente a colmare il crollo delle forniture russe, ma lo sviluppo delle comunità energetiche offrirebbe una risposta importante sia alla carenza nazionale di energia, sia al processo di transizione energetica da tempo in atto.

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Iter macchinoso

Fin qui la teoria, dato che nella pratica sono poche le comunità energetiche operative, meno di 40. Il Veneto è in testa nella classifica regionale con otto strutture attive, una in più del Piemonte e due rispetto alla Lombardia, con il Trentino Alto-Adige a quota cinque progetti, mentre Friuli Venezia-Giulia, l’Emilia Romagna e Abruzzo ne contano due a testa. In tutti i casi, le strutture funzionanti sono di tipo fotovoltaico, con una potenza compresa tra i 15 e i 20 kw. Intanto ce ne sono almeno altre 60 circa che attendono da tempo l’allacciamento alla rete energetica nazionale.

L’Italia ha adottato da subito la direttiva comunitaria in materia, ma lo ha fatto fissando grossi limiti di potenza degli impianti e di distanza fisica tra i membri. Rigidità che – sulla carta – sono state superate con un decreto legislativo di fine 2021, che tuttavia attende ancora i decreti attuativi per trasformarsi in opportunità per le famiglie.

Attualmente la potenza complessiva non deve superare 1 Mw (in precedenza era di 200 Kw) e l’impianto deve essere connesso alla rete elettrica attraverso la stessa cabina primaria (corrispondente territorialmente a circa tre o quattro comuni oppure due o tre quartieri di una grande città) sulla quale insistono anche tutti gli iscritti alla comunità energetica.

Dal ministero della Transizione ecologica assicurano di essere al lavoro con l’Arera, l’Autorità di regolazione per l’energia e le reti, con l’obiettivo di completare al più presto l’iter regolamentare. Occorre fare in fretta anche per non perdere i 2,2 miliardi di euro destinate dal Pnrr proprio alle comunità energetiche.

L’ultimo tassello

Intanto qualcosa si muove. A fine agosto è stata posta in pubblica consultazione la proposta di quadro regolatorio per questi organismi. Nel documento vengono specificati i minori oneri tariffari (soprattutto per i condomini) che consistono nella restituzione della componente relativa al trasporto dell’energia sulla rete di trasmissione e di quella per la distribuzione e le dispersioni di energia (1 euro circa a megawattora). Nel documento si attribuisce anche alle società di distribuzione il compito di definire mappe delle loro reti, che poi saranno unificate e pubblicate in un’unica mappa dal Gse, per facilitare il processo di costituzione di una comunità a imprese o condomini in zone limitrofe. Manca solo l’ultimo miglio, con il Mite chiamato a emanare il decreto attuativo contenente i dettagli sugli incentivi. È questione di settimane, stando a quanto filtrato dallo stesso ministero.

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