5G in aree non urbane: le soluzioni per avere una maggiore copertura
Per portare le connessioni veloci in 5G nelle aree bianche, cioè le zone urbane e a rischio di fallimento di mercato, servono investimenti ingenti. Vediamo allora quali sono le ultime iniziative previste, finanziate in primo luogo con i fondi del PNRR.

In tema di connessioni veloci, la situazione del nostro Paese propone alcune contraddizioni. Da un lato, infatti, il 5G italiano è quinto in Europa per copertura; dall’altro, se si interpretano bene i dati, si scopre che la porzione di rete realmente 5G (priva cioè di porzioni ibride in 4G) è ancora poca. Le aree rurali, poi, sono un capitolo a parte, e meritano tutta l’attenzione degli operatori del settore.
Gli ostacoli alla copertura delle aree bianche in Italia
Con la dicitura “aree bianche” si identificano le porzioni di territorio a bassa densità di popolazione, generalmente rurali o remote, prive di infrastrutture di connessione in banda larga e nelle quali alcun operatore privato ha previsto investimenti. A questo proposito, va segnalato quanto riportato dall’Osservatorio 5G & Beyond del Politecnico di Milano, secondo il quale gli investimenti nel 5G industriale (reti private, dedicate, applicazioni specifiche) rimangono assai modesti. Nel 2024, la spesa stimata è stata di 14,5 milioni di euro, in crescita del 70% rispetto al 2023, ma comunque ancora piuttosto contenuta.
Difatti, queste zone costituiscono un serio problema alla digitalizzazione del paese, visto che molte gare per la copertura 5G risultano sottofinanziate, o non attraggono le TELCO che invece dovrebbero essere protagoniste. Scendendo su un piano più tecnico, se si va a guardare l’indice di copertura Vhcn (Very high capacity networks – ovvero fibra ultraveloce + 5G ad alte prestazioni), la media delle aree bianche è del 37%, contro il 56% europeo.
Gli ostacoli per le aziende
Per le attività commerciali, uno dei problemi primari da affrontare riguarda la creazione di reti private che consentano di avere un controllo diretto su parametri essenziali come latenza, sicurezza, affidabilità e suddivisione del traffico. Gli ostacoli che impediscono l'implementazione di questi network sono di vario tipo:
- lo scarso ritorno economico sugli investimenti;
- la concorrenza di altre tecnologie (4G, FWA, fibra ottica);
- il contesto normativo, particolarmente frammentato.
Specie dove la densità produttiva è bassa, le imprese faticano a giustificare questo tipo di investimento, rallentando di conseguenza la crescita delle reti di telecomunicazione.
PNRR e istituzioni, i rimedi contro la crisi
Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) sono inclusi diversi investimenti relativi a infrastrutture, banda ultralarga e reti mobili. Anche grazie a questi fondi, negli ultimi mesi è stato possibile dare il via a iniziative che puntano a ridurre il digital divide nel nostro Paese:
- il Piano Italia 5G, a febbraio 2025, risulta completato al 66%, con il collegamento in fibra di circa 9.500 stazioni radio base;
- il Piano Italia 1 Giga punta a portare la connettività veloce nelle aree bianche che non risultano attraenti per il mercato, nonostante alcuni ritardi emersi nei mesi scorsi.
In aggiunta, sono previste gare pubbliche per la copertura 5G delle aree bianche, sebbene per ora i bandi siano andati deserti o abbiano subito ritardi. Non tutti gli operatori, però, sembrano disinteressati al tema: TIM, tra gli altri, ha vinto diversi lotti dei bandi “Italia 1 Giga” e “5G Backhaul”, relativi a investimenti su migliaia di siti nelle zone a fallimento di mercato.
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