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Robin Tax: incostituzionale!

Pubblicato il 20/03/2015
Robin Tax: incostituzionale!

Un tributo che è stato recentemente oggetto di valutazione della Consulta, che in questo caso è intervenuta, cosa capitata di rado in ambito fiscale. Il risultato? Una sentenza dichiara incostituzionale la Robin Tax, senza però avere valore retroattivo.

Sicuramente un escamotage giuridico per arginare le ricadute sul bilancio dello Stato, che, se la sentenza fosse stata applicata anche sulle gestioni passate, avrebbe dovuto procedere al rimborso del gettito erroneamente incassato a partire dal 2008.

Altro scenario si prospetta per il 2015, quando invece il gettito non entrerà proprio, con un gap notevole da colmare. Le somme in gioco non sono propriamente banali: secondo l’Autorità per l’energia, nella relazione nel 2014 la Robin Tax ha raccolto circa un miliardo di euro dalle società energetiche sui bilanci 2013. 

La somma attesa sul 2014 sarebbe stata un po’ più contenuta, in quanto nell’ultimo anno si sono ridotti i consumi, oltre al prezzo del greggio e all’aliquota applicata, dal 10,5% al 6,5%. Però sarebbe stata ugualmente una somma consistente, che non verrà incassata.

Quanto stabilito dalla Corte Costituzionale ha suscitato commenti positivi e negativi: i sostenitori applaudono alla soluzione di una palese ingiustizia, mentre i detrattori temono gli strascichi dal punto di vista economico e finanziario.

La prima e più immediata conseguenza si è vista in Borsa, con rialzi generalizzati dei titoli delle utilities. I primi a sollevare dubbi sulla legittimità della Robin Tax erano stati i membri della Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia, valutando un un ricorso proposto da un gruppo di punti vendita di carburanti, la Scat, contro l’Agenzia Entrate.  

Questo è stato il primo di una serie di atti legali volti ad attaccare il provvedimento. La sentenza emessa dal giudice Marta Cartabia ha messo un punto fermo nella spinosa questione, specificando tuttavia che lo scopo del legislatore «appare senz’altro legittimo» e che il settore energetico-petrolifero è un settore di «stampo oligopolistico, popolato da pochi soggetti», in cui «le ordinarie dinamiche di mercato faticano a esplicarsi».

In altre parole, i presupposti per una tassa ad hoc di base c’erano, ma il tributo non è stato configurato adeguatamente: l’imposta infatti, pur interessando ricavi superiori a una certa soglia (25 milioni scesi a 10 con le modifiche alla legge), gravava su tutto il reddito, non solo sugli extra-profitti. In secondo luogo, l’imposta è nata con connotazione temporanea per fronteggiare una congiuntura economica, ma poi si è trasformata in strutturale.

Infine mancavano meccanismi atti ad evitare che gli oneri derivanti dall’incremento di imposta non impattassero sugli aumenti del prezzo al consumo. Gli effetti della sentenza non saranno però retroattivi: in caso contrario sarebbe stata necessaria una manovra finanziaria aggiuntiva.

A cura di: Alessia De Falco

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